Storie (quasi) vere

“I personaggi non sono persone sono aspetti di un dilemma o di un conflitto”.

 Louise Glück, “Averno”, Il Saggiatore

La settimana scorsa, in più di una occasione, durante un paio di telefonate di lavoro, mi sono ritrovata a dire una cosa di me che mai avrei pensato di formulare e figuriamoci di dire a qualcuno. “Ciò che mi chiedi va oltre le mie capacità umane”. Era successo che in un paio di occasioni mi avessero fatto domande sul destino di una storia o di progetto editoriale alle quali mi ero resa conto davvero di non poter rispondere. Come se chiedessero, che ne so, a un meteorologo, scusi lei mi sa dire tra sei mesi, quando prenoto la vacanza, se porta pioggia? Non era la prima volta che mi sono trovata dentro una situazione professionale di questo genere. Era già successo, succede sempre. Solo che altre volte, una risposta provavo a darla o quantomeno a sdrammatizzare con una battuta ironica, che poi pagavo a colpi di sensi di colpa (miei) e chissà di cos’altro (della persona a cui avevo risposto). Invece, quando ho detto quella frase, quando mi sono trovata a ripeterla in più di una occasione, ho sentito così visibili i miei limiti che mi volevo abbracciare da sola. Ma dalla contentezza. Molte persone mi e si credono senza limiti e invincibili. Ma non è proprio così. 

In questi lunghi mesi, quasi un anno ormai, la realtà ha superato la fantasia. Eppure esistono buone ragioni per credere che sia una cosa bella agguantare, abbracciare, i nostri limiti e quelli delle nostre storie. Sembra impossibile, in questo momento. Sembra che le risorse interiori che avevamo si siano esaurite. Non è semplice guardare le cose, gli eventi che accadono intorno, ogni giorno più intangibili eppure così determinanti. Ho sempre pensato che la grandezza dell’essere umano sia la sua infinita piccolezza di fronte agli eventi enormi, ai pianeti e alle stelle, alle incombenze quotidiane. Possiamo dirci ogni giorno, guarda che tutto questo finirà. Qualsiasi cosa “tutto questo” significhi. Una slogatura di una gamba come l’invasione del Campidoglio americano. Se arrivassero gli alieni, domani mattina, siamo sicuri che riusciremmo ancora a sorprenderci? In alcuni momenti, in questi dieci mesi, io ho pensato di no. Ed è una cosa tremenda. Ci sono state mattine in cui mi sono svegliata e ho pensato come una qualunque bambina spaventata da un brutto sogno: che no, non è vero, è tutta un’invenzione! Mi sono chiesta, da sola e con le amiche, sto vivendo dentro la fantasia di qualche scrittore tenace e vendicativo? Oh, no. Che altro immaginare se siamo schiacciati, letteralmente, dalla realtà? Anche nelle situazioni migliori, inutile negarlo, la realtà fa TRAC, si prende quello che per anni abbiamo provato a rosicchiare inventando storie: il nostro spazio vitale.

Questi mesi sono stati la disperazione e la speranza, la malattia e la cura, la paura e la guarigione. Non mi era mai successo, non in modo così universale. Più che tanti romanzi in libreria di diversi autori e autrici sulla pandemia, l’operazione letteraria più interessante sarebbe leggere un’unica grande opera a più voci dentro la stessa storia inventata per chiedersi: “dove è finita la fantasia?” La mia, la tua,  la nostra? 
Chi fa il mio lavoro non deve smettere di chiederselo. Molte persone hanno sentito la necessità, l’obbligo, di dare alle proprie storie di invenzione forma e compostezza. Più che mai in quest’ultimo periodo. Queste persone, stanno bene, stanno bene con se stesse. Posso chiamarle anche in questo momento in cui sto scrivendo, me lo confermeranno. Hanno scoperto che i loro limiti sono anche silenziose potenzialità, le più preziose.


 A presto, Alessandra     

LABORATORI IN PARTENZA (da febbraio) Scrivere Storie Fantastiche. Ultimi giorni per iscriversi al laboratorio in streaming sul racconto, in collaborazione con la rivista Risme e Sara Maria Serafini. Dal 3 febbraio, tutti i mercoledì alle 19.Una Storia Tutta per sé. Comincia il 22 febbraio, per sei lunedì, la versione in diretta streaming del laboratorio autobiografico più longevo che c’è. Ospite della neonata BENBOW di Jacopo Masini.“Storie (Quasi) Vere.
La missione sarà questa: partire da un fatto di cronaca e trasformarlo in una storia incredibile, resa omogenea dal tono anziché dalla trama o dal personaggio, e in cui il significato è trasmesso da uno stile, più che da una struttura narrativa.
Altro non serve che il realismo, lo stesso realismo di finzione delle storie di Anton Čechov, Ernest Hemingway, Raymond Carver.
Per scrivere ispirandosi alla cronaca. 
Info su Scuola Holden.