“I personaggi non sono persone sono aspetti di un dilemma o di un conflitto”.
Louise Glück, “Averno”, Il Saggiatore
La settimana scorsa, in più di una occasione, durante un paio di telefonate di lavoro, mi sono ritrovata a dire una cosa di me che mai avrei pensato di formulare e figuriamoci di dire a qualcuno. “Ciò che mi chiedi va oltre le mie capacità umane”. Era successo che in un paio di occasioni mi avessero fatto domande sul destino di una storia o di progetto editoriale alle quali mi ero resa conto davvero di non poter rispondere. Come se chiedessero, che ne so, a un meteorologo, scusi lei mi sa dire tra sei mesi, quando prenoto la vacanza, se porta pioggia? Non era la prima volta che mi sono trovata dentro una situazione professionale di questo genere. Era già successo, succede sempre. Solo che altre volte, una risposta provavo a darla o quantomeno a sdrammatizzare con una battuta ironica, che poi pagavo a colpi di sensi di colpa (miei) e chissà di cos’altro (della persona a cui avevo risposto). Invece, quando ho detto quella frase, quando mi sono trovata a ripeterla in più di una occasione, ho sentito così visibili i miei limiti che mi volevo abbracciare da sola. Ma dalla contentezza. Molte persone mi e si credono senza limiti e invincibili. Ma non è proprio così.
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