Fotografie e parole: “Rumore” tra i programmi del Martedì pomeriggio su RKO

Martedì 17 Marzo alle 18 è andata in onda su Rko la puntata zero del nuovo programma radiofonico “Rumore”. Il nome un po’ fuorviante potrebbe non far intendere in modo immediato il contenuto di questo nuovo format, ma tutto ha uno specifico significato. La puntata è stata registrata in chiamata Skype e se ne evincono le difficoltà dal riverbero della voce e dai rumori, appunto, provenienti dalle postazioni improvvisate per poter creare contenuti comodamente da casa. Quale periodo migliore se non questo in cui tutti siamo costretti a stare in casa per utilizzare la radio come canale di ricezione culturale e affacciarsi ad un mondo a voi sconosciuto o poco esplorato? La protagonista di quest’ora insieme sarà la fotografia. Si, esatto. Sembra strano, forse impossibile, poter parlare di un’arte visiva in radio. Ma siamo coraggiosi e tenteremo di farlo al meglio.

È arrivato il momento di svelare il motivo di questo nome a primo impatto un po’ bizzarro. Chi se ne intende di fotografia lo sa, il “Rumore”, quello digitale si intende, non è altro che il disturbo causato dalla poca (o troppa) quantità di luce in base alle informazioni che l’obiettivo è stato in grado di catturare durante lo scatto. Questo dipende sia dall’obiettivo sia dalle condizioni di luce presenti nel luogo in cui la foto viene scattata. Quando una foto presenta rumore digitale vuol dire che sarà anche poco nitida, un po’ granulosa con un effetto puntinato sparso qua e là all’interno della foto variando in base alle zone di luce e alle zone d’ombra. Il motivo per cui è stato scelto questo nome risiede nell’intento di creare un po’ di “rumore” nelle vostre menti, dare qualche informazione e farla arrivare in modo sparso per le orecchie di chi ascolta. Lo scopo di ogni puntata, infatti, sarà quello di mettere una pulce nell’orecchio degli ascoltatori e stimolarne la curiosità, parlando di un autore diverso di volta in volta. Ogni fotografo ha le sue peculiarità e la difficoltà sarà descriverne gli intenti e le tecniche, cercando di spiegare in modo semplice e coinciso ogni termine tecnico che l’ascoltatore potrebbe non conoscere, tentando di dare anche uno sguardo alle opere e scoprendone insieme i possibili significati.

Ascolta la puntata:

Il protagonista di questa puntata zero è stato Ansel Adams, uno dei più grandi fotografi del XX secolo e padre fondatore della fotografia paesaggistica. Un personaggio particolare, anche esteticamente, in quanto segnato da uno sfregio sul viso, causato da un terremoto nella sua città natale, San Francisco, che dimostrò grande passione e dedizione a quest’arte. La peculiarità di Ansel Adams risiede nel suo amore sconfinato nei confronti della natura, che grazie alla sua abilità, è riuscito a trasmettere all’osservatore. Inoltre, una caratteristica su cui bisogna soffermarsi è la scelta di scattare esclusivamente in bianco e nero: una scelta coraggiosa per un fotografo paesaggista, ma ben riuscita nel suo caso. Infatti, Adams è riuscito a sfruttare l’assenza di colore a suo favore, in modo tale che l’osservatore fosse orientato a porre la propria attenzione ai dettagli, ma soprattutto che potesse captare l’essenza stessa della natura trasmettendone l’emozione contemplativa.

L’occhio di Ansel Adams era un occhio sincero, empatico e fedele alla realtà. Tanto fedele da abbracciare la filosofia della straight photography, una filosofia di pensiero secondo cui le fotografie devono essere mantenute intatte, senza sottoporle a lavori di post produzione che ne intaccherebbero la purezza. Questa la filosofia caratterizzante del Gruppo f/64, che Ansel Adams fondò nel 1932, promotore di un linguaggio improntato alla purezza e al modernismo. Il nome stesso del gruppo rimanda all’apertura del diaframma, cioè l’elemento che determina la quantità di luce che passa attraverso l’obiettivo, e che determina la definizione di una foto: in questo caso l’apertura minima del diaframma riesce a garantire la nitidezza anche degli elementi più lontani. Con questa regola è più semplice catturare i dettagli e conferire una maggiore fedeltà al paesaggio reale, nonché una delle regole fondamentali della fotografia paesaggistica.

Una tecnica che invece Ansel Adams inventò di sana pianta fu quella del Sistema Zonale, una tecnica che riusciva a creare degli estremi di bianco e nero nelle foto, garantita dalla misurazione dei valori della luce. Questo sistema permette invece di catturare esattamente la luce presente in natura in modo tale da ottenere un’immagine maggiormente fedele alla realtà e anche di facilitare il lavoro dei fotografi durante il settaggio. La dedizione e l’impegno che Ansel Adams mise nel suo lavoro si evince proprio da queste tecniche, che ha gentilmente concesso al mondo dei fotografi per facilitare loro in qualche modo il lavoro.

Durante la puntata si è parlato anche di alcune delle opere di Adams: Cypress il cui soggetto è per l’appunto un cipresso. Solo una parte della sua interezza è stata catturata dall’artista, che ha voluto mostrare la sinuosità dell’intreccio dei suoi rami.

Cypress and Fog, Pebble Beach, California

Redwood, invece, esprime ritmicità scandita dai rami affusolati, conferendo un senso di confusione e angoscia e la sensazione di avere a che fare con l’ignoto e l’inesplorato al di là dei fusti in primo piano.

Redwoods, Bull Creek Flat, Northern California

Infine, Moonrise over Hernandez, una delle foto più rappresentative di cui abbiamo due versioni: la prima originale del 1943 e la seconda rielaborata in camera oscura del 1970.

Ad accompagnare il flusso delle parole, una selezione musicale quanto più inerente al tema trattato, con la speranza che possa far immergere l’ascoltatore nella natura ascoltando le note e le parole durante quest’ora passata insieme.

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