L’intervista a Joe Talbot: “We’ve been IDLES and you have been perfect!”…

…queste le ultime parole di Joe Talbot al termine della tappa finale del tour estivo italiano di IDLES, nonché grande chiusura dell’edizione 2022 del Cinzella Festival alle Cave di Fantiano di Grottaglie (Taranto), lo scorso 17 Luglio 2022.

Vogliamo che questo evento, atteso da due anni, sia uno di quelli che sarà ricordato sono invece le parole rilasciate nel backstage da Mimmo Battista (AFO6, l’associazione promotrice e organizzatrice del festival). Da queste parole voglio partire per raccontarvi la mia giornata, il mio 17 luglio 2022, una giornata da ricordare, davvero.

Una giornata iniziata nell’attesa di una conferma, la conferma di una intervista ad IDLES, inseguita da mesi da Sircus, offerta infine, quasi sul filo di lana, grazie al lavoro diplomatico e all’endorsement da parte dello staff di AFO6 e di RKO Radio, consapevoli dell’importanza di lasciare una testimonianza di quanto sarebbe accaduto di li a pochissimo, qualcosa di irripetibile.

Appuntamento fissato quindi alle 17:00, al termine del soundcheck, prima della cena e della necessaria decompressione della band, in attesa di salire sul palco, alle 22:30, quando le temperature diventano tollerabili. Poi ci si ricorda che parliamo di brits imprevedibili in giro per l’Europa da settimane, lontano da casa, mai stati così a sud dell’Italia e a due passi dal mare. Allora ogni programma salta (beach and ice cream machine) e l’attesa per l’intervista dura fino alle 20:00 circa: tre lunghissime ore a cercare, invano, rifugio dal fuoco.

Eccoli che rientrano, con l’espressione sul volto e negli occhi di quei ragazzi che hanno visto per la prima volta il verde dell’acqua marina, un colore indescrivibile, quei ragazzi che l’ultimo bagno lo avevano fatto nelle acque, decisamente meno attraenti, del mare nei pressi di Newcastle.

Joe Talbot e Mark Bowen si presentano e prendiamo posto, Mark con lo sguardo spiritato, ad annunciare tutta la bizzarria di cui si renderà protagonista sul palco, Joe quasi con il broncio, di chi, forse, sarebbe rimasto volentieri in spiaggia o in gelateria. Grazie al supporto di Marco Schnabl come interprete, parte una lunga chiacchierata (cronometro alla mano ho parlato più io di loro, a dire il vero!), durante la quale ho cercato di toccare le corde più sensibili, affrontando tematiche di carattere esclusivamente non musicali, in senso stretto, che, secondo me, sono il motivo principale dell’enorme apprezzamento di IDLES, come uomini prima che come artisti. Sin dagli esordi, oggi con sempre maggiore forza, IDLES sono attenti osservatori della brutalità moderna, delle condizioni di lavoro e vita della classe operaia e del proletariato (polverizzati o macinati dal liberismo e dall’estensione del dominio della lotta), delle guerre che siamo costretti a subire (o che scegliamo di subire) seduti sul sofà davanti allo schermo nero, dello scivolare o strisciare delle vite durante la pandemia (e ancora oggi, domani…).

Contro questa brutalità, Joe e Mark, lo ribadiscono ancora questo pomeriggio, “occorre mostrare, predicare e praticare unità, umanità, amore, passione e gioia”. Come quando a fine set circa, Joe, presentando uno dei loro inni (DANNY NEDELKO), afferma che “gli immigrati e l’immigrazione rendono le nostre nazioni un posto migliore”. Unità, umanità, amore, passione e gioia che, ripete Mark, “devono partire da ciascuno di noi prima, per arrivare, poi, realmente alla condivisione, all’unità di intenti” (I am I…Be yourself…Love yourself…Unify)…“occorre reagire alla grande quantità di brutalità, alla quasi totale mancanza di compassione, con la stessa, se non maggiore, quantità di gioia e amore”.

A partire da questi concetti, che hanno decisamente fatto aprire anche Joe dalla sua iniziale chiusura (lo sguardo prima basso e le spalle chiuse, poi dritto negli occhi), ancora qualche riflessione sulla situazione sociopolitica contingente e internazionale.

Se la loro è una nazione fottuta (a fucked up country), come ribadisce lo stesso Joe, lo è anche la nostra, lo sono tantissime altre. “E’ vero” – continua Joe, “siamo governati ovunque da manipoli e plotoni di fascisti” che lavorano per migliorare le proprie, esclusive, condizioni di vita, ma è anche vero, secondo Joe (e come non essere d’accordo!), “che, anche in questo caso, dipende da noi, dipende da cosa vogliamo fare, se restare seduti o agire”. La soluzione è estremamente semplice, davanti a un problema complesso. Come nella resistenza alla brutalità tramite la gioia (joy as an act of resistance).

Siamo governati da fascisti, ma soprattutto, ci tiene a sottolineare Joe, “il primo fascista si nasconde dentro ognuno di noi, per cui tocca chiederci se non lo siamo noi, prima degli altri, fascisti” (Do I act the prick?). Tutto si riduce, in estrema sintesi, a questi semplici concetti e punti di partenza.

A sciogliere definitivamente Mark e Joe, due coincidenze, che, per una misteriosa osmosi, legano IDLES al Cinzella. Spiego infatti a entrambi chi era Cinzella e perché nel logo del festival c’è disegnata una pecora bianca.

Cinzella era il nome di una prostituta della Città Vecchia di Taranto, quindi un legame con la strenua lotta per la difesa dei diritti delle donne, delle madri, contro la violenza sessuale e di genere, ampiamente presente nei testi di Joe (NE TOUCHE PAS MOI, oppure MOTHER).

La pecora invece è il simbolo della mattanza tarantina del bestiame, dei lavoratori dell’industria, dei cittadini, causata dall’inquinamento, dall’emissione di sostanze cancerogene (CARCINOGENIC).

Per Joe si tratta di “meravigliose coincidenze, ulteriori aspetti che faranno parte del loro accrescimento, come accade in ogni tappa del tour internazionale”. Per entrambi gli aspetti, “ritiene importante essere attivi, non necessariamente attivisti”. Come loro, come IDLES, che “cercano di rendersi attivi attraverso la musica, veicolando messaggi e stimoli”.

Poi la storia di mio padre che, drammaticamente, è la storia di tantissimi altri padri, morto di tumore a causa di quell’inquinamento (una connessione che nessuno mai potrà certificare giuridicamente).

Una immagine di mio padre in lacrime e in punto di morte che mi viene sempre in mente ascoltando il ritornello di SAMARITANS, quel “this is why you never see your father cry”, un brano che parla di altro (della maschera di machismo che indossiamo) ma che, inevitabilmente, mi ricorda quel triste momento. La risposta di Joe è stata tutta nello sguardo che mi ha rivolto e nell’abbraccio che ne è seguito, quasi a voler trasmettere, a restituire, parte di quella energia che il pubblico gli infonde, oggi più di ieri, al ritorno sui palchi dopo tanti mesi di forzata lontananza. E’ ben consapevole, Joe, che “tali problematiche siano comuni a tanti territori e che sia semplicemente inaccettabile che nei nostri paesi civilizzati, o presunti tali, ci siano ancora così tanti sacrifici nel nome della produzione, che le problematiche ambientali e della tutela della salute non trovino mai una soluzione adeguata e definitiva”.

L’ultimo pensiero è quello di Mark che “augura un riscatto a tutta la gente di questo territorio stuprato, perché l’accoglienza riservata loro, ad IDLES, è stata così calorosa e apprezzata, che già ciò basterebbe per meritare, dipendesse da loro, quel riscatto”.

Finora non vi ho scritto di musica, perché di musica non abbiamo affatto parlato con Joe e Mark. Ma della loro musica, della performance di IDLES al Cinzella Festival 2022 non posso non scrivere. 100 minuti di energia, potenza, empatia e contatto fisico con il pubblico. Una band che tiene stretto il palco e che sul palco ha la sua dimensione naturale, con una capacità, unica, di ipnotizzare l’audience, con la sezione ritmica, con le urla delle chitarre, con le parole e la mimica. Audience che, allo stesso tempo, risponde, ovunque e anche al Cinzella, a tutte le sollecitazioni che arrivano sulla pelle. Dal coro di MOTHER (“Mother…Fucker!”), a quello di MR. MOTIVATOR (“Let seize the day, all hold hands, chase the pricks away”), dall’invito “Are you ready to collide?” in apertura di set (COLOSSUS), fino al comico siparietto finale dedicato a Mariah Carey e al suo anthem natalizio. Tutto passando per il godibilissimo surf sul pubblico da parte di Mark e Lee, entrambe le chitarre. 100 minuti di live scanditi dal countdown a led rossi posizionato sul palco, 100 minuti senza encore, 100 minuti che sicuramente entreranno nella storia di una comunità, di un festival, di Taranto, del Cinzella, dei presenti in platea e sugli spalti. Una storia di cui, spero, queste righe possano diventare una testimonianza, a futura memoria. Lo avete sentito il tuono di IDLES? (“Do you hear that thunder?”).

p.s.
Una menzione doverosa alla band di apertura BRAM STALKER, un power duo che si infila, con stile, nel filone White Stripes, Bud Spencer Blues Explosion, MinimAnimalist e che chiude il proprio set con una cover ortodossa del più glorioso punk filosovietico emiliano e con una dedica ai lavoratori dello spettacolo: “quelli che arrivano sempre prima degli artisti e che vanno via sempre dopo gli artisti”. Non era facile stare su quel palco, ci sono stati con carattere!