Dal backstage de LMGF2020, abbiamo intervistato Brunori Sas

Continuano le nostre interviste dal backstage della terza edizione de “La Mia Generazione Festival” tenutasi a settembre ad Ancona. Tra i protagonisti della kermesse musicale, che, come ogni anno ha visto la direzione artistica di Mauro Ermanno Giovanardi, c’era anche Dario Brunori.

Brunori Sas è stato già ospite di RKO per presentare il suo nuovo album “Cip” all’inizio dell’anno (cliccate QUI per aprire l’intervista del 17 gennaio 2020) e lo ritroviamo ora in grande forma, pronto a salire sul palco del Teatro delle Muse di Ancona.

“Il 10 gennaio 2020 pubblica Cip!, quinto album di inediti che diventa disco d’oro in un solo mese dalla data di pubblicazione, e vince il Premio Tenco come miglior album in assoluto del 2020. L’album è per due settimane primo in classifica degli album e dei vinili più venduti in Italia”

Per “La Mia Generazione III edizione”, ciao Dario come stai?

Bene, devo dire bene, non mi posso lamentare, e come dico spesso, per un calabrese come me non lamentarsi è dura,  però non mi posso lamentare!!

Finalmente si torna a suonare su di un palco,  credo sia anche il mood di tutti gli altri artisti, il poter vivere un backstage,  salire su di un palco davanti ad un pubblico (ndr anche se ridotto) una sensazione che stata interrotta per qualche mese

Sarà anche retorico ma a volte bisogna dire anche cose ovvie, è stata un estate in cui non ci saremmo mai aspettati questo tipo di situazione ovviamente non si tratta di quello che doveva essere ma sicuramente meglio del silenzio!! E’ stata una attitudine molto pragmatica, musicisti e maestranze che si sono trovati dall’oggi al domani a non avere comunque lavoro e non avere la possibilità di mettere insieme il pranzo con la cena,  quindi c’era la necessità di ripartire in maniera pratica come artigiani, ripartire per  poter  lavorare e dall’altro è stato molto bello perché non ce lo aspettavano anche se in condizioni diverse, in verità io appartengo più a quelle condizioni, quelle più intime,  vengo da li,  quindi sono stato molto contento di vivermela cosi

Avevamo già parlato all’inizio dell’anno del nuovo album “Cip!”, il tuo primo album “bis”,  ci sei arrivato con una consapevolezza diversa. A parte tutto quello che è accaduto nella tua carriera artistica, avresti mai immaginato di essere nei primi posti in classifica

Assolutamente no, anzi, potrei dire che me lo aspettavo già dal primo disco però ultimamente sto cercando di mantenere basso il mio lato ironico nelle interviste ufficiali, con te me lo potrei permettere ma con le altre persone credono che lo dica veramente (nrd ride!). In verità è stata una sorpresa assoluta, con questo disco,  nel quale non avevo riversato aspettative particolari, in termini numerici intendo, volevo che fosse un disco di grande apertura dal punto di vista degli arrangiamenti ed anche del suono,  ma con un idea che andasse in una certa direzione nono  scontata. Il primo singolo, rispetto a quello che è il mio linguaggio solito, per esempio non era proprio un brano da radio invece paradossalmente a volte le cose vanno in modo diverso e sicuramente ci hanno aiutato all’inizio i primi due vecchi singoli di cui sono molto felice, peccato però che mentre stavamo per decollare per il tour c’è stato il blocco di ogni attività.

Parlando della parentesi estiva, mi è piaciuto anche il modo in cui hai recuperato il rapporto con il pubblico dopo il lockdown: “Parla con Dario” è stato sicuramente un ottimo esperimento

E’ stato un bel esperimento, io ho una immaginazione fervida ma quella stessa immaginazione mi porta a pensare che tutto quello che andrò a fare mi crei problemi, il cambiamento mi attira ma dall’altra parte mi spaventa,  fare i palazzetti mi sembrava creare una distanza per me che ho sempre avuto con il pubblico un rapporto molto diretto, ho pensato che nei concerti nei palazzetti non posso  parlare come al solito non posso creare quella atmosfera e quindi prima di portare il disco con le canzoni,  quindi uno spettacolo più musicale, ho pensato che era meglio recuperare quella dimensione, quella più intima. Ma anche così è stata molto impegnativa perché ti rendi conto che alla fine quando le persone vengono a parlare con te e scopri che sulle canzoni hanno riversato molte aspettative,  io poi  sono anche ansioso e cerco di volare basso ma mi rendo conto che le persone facciano molta attenzione ai brani, da una parte mi fa piacere ma dall’altra è impegnativo soprattutto a livello emotivo, mi responsabilizza, è  stato molto impegnativo insomma ma lo rifarei!

Questa sera dal vivo per La Mia Generazione nel Teatro delle Muse di Ancona, parlando di “generazioni” tu a livello artistico di chi ti senti figlio?

Anche in questo caso mi sento un figlio minore, ho un piede di qua ed uno di la,  sono sempre nato del 1977,  la generazione dei 90 l’ho vissuta da spettatore, da adolescente,  ma dal punto di vista strettamente musicale mi sento una via di mezzo, mi sento sempre una via di mezzo in realtà, una via di mezzo tra un linguaggio che sicuramente mi ha formato, che aveva un certa sacralità nel ruolo di un artista, una visione che nasceva da esigenze diverse che non sono le esigenze attuali, di un racconto attuale,  era figlio di un legato ad una situazione anche politica e sociale importante che mi ha formato. Quindi credo che il mio lato, quello più impegnato,  sia figlio di questi ascolti, dell’alternative rock degli anni 90 e di tutta la scena che gravitava intorno, soprattutto i gruppi italiani che ho ascoltato tantissimo di cui mi sento debitore, ecco loro forse non vorrebbero che lo dicessi, ma mi sento debitore di gruppi come Afterhours come i Marlene Kuntz, i CCCP/CSI,  devo dire anche tutta la scena della Mescal, è stato un periodo importante un periodo bellissimo, mi sento un loro fratellino, poi nella mia produzione c’è tutta un’altra parte, c’è stato un trait d’union, come per altri artisti, tra gli anni 90 e la sena attuale.