IL VENTENNIO. 20 luglio 2001, 20 luglio 2021.

“Avere vent’anni è avere sogni grandi” (Assalti Frontali). C’è stato un tempo in cui avere vent’anni non significava solo sognare, ma anche proporre un sistema economico differente, un mondo migliore non basato su fiorellini e poesie, e nemmeno su utopie e tarantelle. Un mondo nel quale gli scambi culturali, umani, professionali non obbediscono alle leggi di mercato e a quelle finanziarie, ma sono misurati con il peso di ogni singola goccia di sudore. É quella l’economia per noi ed era quella l’economia per il popolo di Genova, come lo era stata per il popolo di Seattle nel 1999.

Tempi che oggi sembrano remoti, scanditi da parole d’ordine come “antiglobalizzazione” e “no-global” che nel frattempo fascisti di varie tonalità cromatiche hanno ribaltato per utilizzarle in senso opposto, reazionario e razzista. Era un popolo che comprendeva suore e punkabbestia, anziani sindacalisti e tute bianche, pacifisti e antiproibizionisti, ecologisti, Naomi Klein e Vandana Shiva, cattolici e femministe, studenti e militanti di estrema sinistra. Troppa gente, troppe voci, troppi Social Forum spesso più pregni di proposte sensate rispetto ai vertici ufficiali. Spesso i giornalisti erano più interessati ai forum no global che a quelli ridicoli e ottusi dei capi di stato.

Come il G8 di Genova. Genova 2001. La fine. Lo spartiacque. Bisognava fermare il movimento. Perché era troppo in movimento. Faceva troppo rumore. Diceva troppe cose giuste e necessarie. Bisognava zittirli. Al governo in Italia c’erano i pagliacci e le soubrette, ma anche i fascisti in giacca e cravatta. Il miglior governo possibile per sguinzagliare e aizzare l’anima nera delle divise italiane, che c’è sempre stata e sempre ci sarà. Sempre pronti ad aggredire il manifestante, l’oppositore allo stato di cose. A spaccare crani di militanti. A picchiare suore e settantenni. A cercare di mettere sotto le ruote dei furgoni ragazzi in fuga dalla mattanza. A svegliare decine di persone con i calci nelle costole. Ad infiltrarsi nei cortei. A provocare. A stringere nelle mani chiuse a pugno le dita di una mano e divaricarle fino a spezzarle. A premere il grilletto, infine, per uccidere. Sempre pronti, loro. Sempre armati e agghindati come novelli Robocop, sempre con i manganelli utilizzati in maniera illegale. Per spaccare le ossa.

Serviva solo un segnale, una parola d’ordine che strisciasse tra i reparti, che arrivasse a tutti: poliziotti, carabinieri, finanzieri. E quella parola fu: IMPUNITÀ. Un segnale, un pronti-via dagli effetti devastanti e immediati. Si cominciò prima, molto prima del G8 con le perquisizioni intimidatorie nelle case degli attivisti politici, mentre la stampa servile e viscida diffondeva voci di probabili attacchi dai tombini delle fogne, o di lanci di palloncini colmi di sangue infetto sulle autorità, si proseguì con ogni mezzo ad ostacolare la preparazione del controvertice, fino agli autobus dirottati per non farli arrivare a Genova. La fine. Lo spartiacque. E la fine fu. Hanno vinto loro. Sono stati premiati, promossi e applauditi. Hanno festeggiato nelle caserme la morte di Carlo Giuliani.

E a noi non è rimasto altro che un imperativo: don’t clean up this blood. Quel sangue non l’abbiamo ripulito, resta davanti ai nostri occhi bassi. Il Ventennio è un doloroso e necessario ritorno a quei giorni di vent’anni fa, è una puntata che ci è costata tanto, ma era necessaria. Una puntata che chiude questa seconda stagione de Lo Specchio Nero. Ma ritorneremo. Buon ascolto, si fa per dire. Su Rko Radio. 20 luglio 2001, 20 luglio 2021. Ore 17.27, esattamente 20 anni dopo l’esplosione dei due colpi di pistola che hanno messo fine alla vita di un Ragazzo.

Qui sotto apparirà la puntata: