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Uno Maggio Libero e Pensante 2020: Complici di un piano rivoluzionario

La macchina dell’uno maggio Libero e Pensante si è messa in moto. Presso la sede del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti è stato presentato il documento politico dell’edizione 2020.

“Vogliamo essere complici di un piano rivoluzionario. Vogliamo ribaltare il paradigma che vede la salute dei cittadini soccombere agli interessi economici. Siamo a un punto di non ritorno. I cambiamenti climatici stravolgeranno la terra e noi non ci stiamo. – ha detto il presidente Simona Fersini – Abbiamo sempre pensato che i diritti fondamentali dell’uomo debbano venire prima del profitto e del potere di pochi”.

La settima edizione di Uno maggio Libero e Pensante darà voce alle vertenze nazionali e internazionali ma sarà anche una cassa di risonanza per l’emergenza tarantina, attraverso la formazione e l’informazione.
“Ci sentiamo in dovere di smentire la narrazione che le fonti ufficiali si ostinano a dare della vertenza ambientale. – ha aggiunto Virginia Rondinelli – Crediamo sia importante concentrarsi sul destino degli operai alla luce dell’apparente risoluzione della crisi ecologica attraverso un fantomatico progetto di decarbonizzazione”.

Intanto si rinnova anche quest’anno l’appuntamento con “Destinazione Uno maggio”. “È diventato uno dei contest più partecipati a livello nazionale. Nel giro di una settimana abbiamo raccolto oltre 180 adesioni da parte di gruppi musicali provenienti soprattutto dal Nord Italia. – ha fatto sapere Gianni Raimondi – C’è tempo fino al 15 marzo per candidarsi attraverso la piattaforma di Musplan”.

Prosegue anche la campagna di crowdfunding per l’organizzazione dell’evento. L’uno maggio Libero e Pensante è infatti una manifestazione organizzata dal basso e completamente autofinanziata. Oltre alla vendita delle magliette “FABBRICA ASSASSINA VERGOGNA TARANTINA” e delle bottiglie di vino, è possibile sostenere il comitato attraverso donazioni libere direttamente tramite QUESTO SITO .

 Segue il documento politico:

Uno Maggio Libero e Pensante 2020: Complici di un piano rivoluzionario

Smontato il palco dell’edizione 2019 dell’ #unomaggioliberoepensante, stanchi ma orgogliosi per l’impresa ancora una volta portata a termine, ci siamo chiesti se in un paese così sordo e cieco fosse ancora utile continuare ad accendere le luci su Taranto, sull’Ilva, su tutti i territori in lotta. Per darci una risposta abbiamo provato, con le immagini di migliaia di persone davanti a quel palco ancora negli occhi, a schiarirci le idee. Abbiamo deciso di tornare in giro per l’Italia, per capire se, al di fuori di Taranto, in questi mesi la percezione della questione Ilva in qualche modo fosse cambiata.

Abbiamo incontrato realtà associative italiane e provenienti dall’estero al Venice Climate Camp 2019 il primo Climate Camp internazionale organizzato in Italia, durante il quale abbiamo approfondito le tematiche, spesso drammatiche, legate ai cambiamenti climatici. Incontro culminato con un momento di disobbedienza civile, l’unica in cui ci riconosciamo, sul Red Carpet più famoso d’Italia, con il sostegno di larga parte dei “lavoratori” della cultura.

“Pensa globalmente, agisci localmente”. E’ il principio che ci ha portati nuovamente in Val di Susa per continuare a sostenere la
lotta NO TAV e in Salento al fianco del MOVIMENTO NO TAP, certi che il gasdotto non sia una soluzione ma rappresenti un ulteriore problema. Consolidare la rete con gli altri territori in lotta è un obiettivo che continuiamo a perseguire. Raccontare in tempo reale la verità sulla questione Ilva (exIlva/Mittal) ai compagni di tutto il territorio nazionale riteniamo invece sia un dovere. E per questo motivo promuovendo il piano di riconversione PIANO TARANTO – elaborato insieme a singole cittadine e singoli cittadini e ad altre associazioni tarantine – continueremo a smontare la narrazione tossica e falsa portata avanti dalla stampa di regime. Abbiamo portato a Taranto la testimonianza dei popoli indigeni, per capire insieme le nuove strategie di repressione e pacificazione dei movimenti adottate dai governi.

Altre due tappe fondamentali del nostro percorso sono state la Scuola di formazione per climate strikers all’Università Federico II di Napoli, dedicata alla controcultura ecologista e transezionale e la Cop25 a Madrid. La prima ci ha permesso di sviscerare tutte le tematiche legate alla lotta ai cambiamenti climatici, alla scelta delle alternative energetiche e alle lotte anti estrattiviste in genere, nella seconda abbiamo smentito le falsità sulla decarbonizzazione tanto amata dal Presidente della Regione Puglia.

Insieme all’associazione A Sud siamo intervenuti all’assemblea 2019 degli azionisti di Eni, come azionisti critici degli investimenti
e degli interventi che mettono in pericolo ambiente ed esseri viventi. Siamo oggi già pronti al nuovo intervento con gli inevitabili
interrogativi, relativi ai nuovi processi e alle nuove sconsiderate concessioni.

Abbiamo deciso, insieme ad altre associazioni italiane, di fare causa allo Stato aderendo alla campagna Giudizio Universale.
Facciamo Causa! con l’obiettivo di obbligare il governo ad attuare le misure più stringenti atte a rispondere ai cambiamenti climatici
e ad invertire il processo di collasso di tutto l’ecosistema.
Ci siamo costituiti parte civile in quella che è stata definita dal premier Conte la causa del secolo (quella contro la multinazionale Arcelor Mittal) perché siamo convinti che anche in quella sede sia indispensabile difendere gli interessi ed i diritti dei lavoratori, delle famiglie e dei cittadini tarantini che da anni chiedono la chiusura della fonte più inquinante d’Europa, la bonifica dei siti inquinati e la riconversione, anche economica dell’intero territorio.
Abbiamo frequentato i seminari di Diritto e Giustizia Climatica del CEDEUAM (Centro di ricerca Euro-Americano delle Politiche
Costituzionali dell’UniSalento) e chiesto la collaborazione di docenti di diverse università per portare nelle scuole superiori una
corretta informazione sul tema della crisi ecologica ma anche per acquisire, noi stessi, una formazione che ci aiuti a comprendere le origini e le conseguenze di questa crisi, con un’attenzione indispensabile alla mancata evoluzione della classe e del lavoro operaio.

Tema ridotto spesso ad un’accusa o ad una sottomissione al salario e che va finalmente affrontato e separato dal legame fittizio
suggellato il 2 Agosto 2012 dai sindacati.

Ci siamo chiesti alla fine di ogni viaggio, di ogni incontro, di ogni iniziativa: Cosa c’entra la nostra città, la nostra vertenza Taranto,
in questa corsa al salvataggio del pianeta?

Già all’edizione 2018 abbiamo improntato il dibattito del nostro Unomaggioliberoepensante sull’ingiustizia ambientale che grava
sulla nostra città, come su altri territori ritenuti sacrificabili insieme alle comunità che li abitano. L’attenzione generale che la
questione ambientale, la meglio definita crisi ecologica, sta riscuotendo nel mondo scientifico e dell’attivismo ci conferma che avevamo ragione a collocare la devastazione ambientale del nostro territorio in una pratica globalmente diffusa e uniformemente riconducibile ad una gestione economico-politica che in nome del profitto tutela gli interessi dei grandi attori del mercato calpestando ogni diritto che ne ostacoli gli obiettivi.

Prendono così contorni differenti e per certi versi più riconoscibili, quelle scelte che si sono abbattute sulle nostre vite, come i tredici decreti salva Ilva e ancora di più il rapporto di subordinazione che gli ultimi due governi hanno instaurato nei confronti della multinazionale franco indiana che ha ereditato o starebbe per farlo, l’arma letale dei Riva.

Sistema Italia l’ha definito il premier attuale, un sistema da cambiare e che invece nei fatti si radica ancora di più. Come interpretare
diversamente l’ostinazione alla continuità produttiva, subordinata ad una “ambientalizzazione” inesistente e impossibile o ad una
decarbonizzazione con il gas, sponsorizzata dal Presidente della Regione Puglia che, con un maldestro tentativo di greenwashing, forse dettato da un momento di delirio bipolare, ha dichiarato contestualmente lo Stato di Emergenza Climatica e Ambientale? Quale sistema può essere cambiato da chi ci sguazza comodamente? Dobbiamo decidere una volta per tutte se continuare a subire la drammatica condizione in cui versa tutto l’ecosistema, o essere protagonisti di una rivoluzione che porti all’azzeramento dei rischi e alla ridistribuzione dei costi di questa crisi, che oggi pesano solo sulle spalle dei cittadini.

Ritornando, quindi, alla domanda iniziale, se l’Unomaggioliberoepensante abbia ragione ancora di esistere la risposta non può che essere SI.

Varrà sempre la pena, nonostante i tentativi di sabotaggio o di “accaparramento” di qualcuno, nonostante le accuse di alcuni
personaggi in cerca d’autore.

Varrà sempre la pena dare voce a chi non ha voce, di smontare la propaganda dei governi che vogliono imporre un modello di sviluppo che porterà ad un punto di non ritorno, di proporre soluzioni alternative, con la collaborazione di professionalità di altissimo livello che condividono la nostra visione.

Varrà sempre la pena perché vogliamo essere complici di un piano rivoluzionario!


La posizione del Comitato Liberi e Pensanti nella Causa del secolo verso ArcelorMittal

Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti annuncia il proprio intervento nella vertenza giudiziaria pendente avanti al Tribunale di Milano tra le società del Gruppo ArcelorMittal e l’Amministrazione Straordinaria di Ilva.

Nella causa definita come “la battaglia legale del secolo”, nell’ambito della quale è pure pendente incidentalmente un procedimento cautelare promosso dall’Amministrazione Straordinaria di Ilva per impedire lo spegnimento degli impianti da parte dell’affittuario ArcelorMittal, il Comitato rappresenterà e difenderà gli interessi ed i diritti dei lavoratori, delle famiglie e dei cittadini tarantini che da anni chiedono la chiusura della fonte più inquinante d’Europa, la bonifica dei siti inquinati e la riconversione anche economica dell’intero territorio.

L’incarico per l’intervento in giudizio del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti è stato affidato al Prof. Avv. Michele Carducci dell’Università del Salento ed all’Avv. Alessandro Gaetani del Foro di Parma.

Di Maio: non l’amianto, non le morti sul lavoro, bensì lo sciopero “rischia di spegnersi in modo irreversibile” l’ex ILVA

Riportiamo il comunicato inviatoci dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti di Taranto a commento delle dichiarazioni del Ministro dello Sviluppo economico e Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, in merito alla richiesta di sospensione dello sciopero ad oltranza indetto dal Sindacato, a seguito alla scomparsa lo scorso 10 luglio, intorno alle 19.30, di Mimmo Massaro, operaio del siderurgico, finito i mare con l’intera gru su cui lavorava, – una delle tre precipitate – mentre la città di Taranto era preda a violentissimo maltempo e forte vento. Il corpo dell’operaio trentunenne dell’ex ILVA, oggi Arcelor Mittal Italia, risulta ancora disperso.

Immediatamente indetto lo sciopero ad oltranza: “La forma di protesta messa in atto non terminerà sino a quando azienda, istituzioni locali, regionali e nazionali e organi di controllo, ognuno per il proprio ruolo, forniranno le dovute indicazioni a garanzia dei lavoratori e cittadini di questo territorio“, come riportiamo dalla nota congiunta delle segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm. La risposta di Arcelor Mittal non si è fatta attendere: “È fondamentale che in questo momento tutti lavoriamo in modo efficace e collaborativo: serve massima condivisione tra l’azienda, i sindacati e gli stessi lavoratori per evitare la fermata di Altoforno1, che è l’unico ancora in marcia e per garantire condizioni di massima sicurezza all’interno di tutti gli impianti“. Lo stabilimento infatti rischia lo stop della produzione a seguito della sospensione dell’Altoforno 2, ordinata dalla Procura di Taranto a seguito di un altro incidente mortale avvenuto nel 2015.

Qui è arrivata la dichiarazione del Ministro Di Maio, insieme alla convocazione delle sigle sindacali per un incontro lunedì 15 luglio: “L’incontro ministeriale – dice il comunicato – deve essere l’inizio di un percorso, necessario a produrre delle scelte radicali e di cambiamento sui temi importanti quali la sicurezza e la salute dei lavoratori e dei cittadini“.

La convocazione dell’incontro romano ha inoltre permesso la ripartenza dell’Altoforno 4 ed ha evitato lo stop dell’Altoforno 1. Durante la serata dell’11 luglio il rischio di uno stop di tutta l’area a caldo del siderurgico è stato molto concreto.

Questo il comunicato del Comitato Cittadini Liberi e Pensanti di Taranto, che parte proprio dalle parole del Ministro Di Maio:

<<“Per effetto di questo sciopero la fabbrica rischia di spegnersi in modo irreversibile”. Le dichiarazioni rilasciate l’11 luglio dal Ministro Di Maio sono fra le più vergognose che abbiamo sentito in tutti questi anni, specialmente perché provenienti da un politico appartenente ad un partito politico che, a Taranto, ha basato la sua campagna elettorale sulla chiusura programmata dello stabilimento siderurgico più inquinante d’Europa e la riconversione economica dell’intera provincia jonica.

Dimostrano ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, quanto poco il Ministro conosca la fabbrica, quanto poco valga per lui la VITA di lavoratori e i cittadini e danno la misura di quanto sia supinamente legato ad Arcelor Mittal.

Il Ministro parla di “più sicurezza” dimenticando – colpevolmente – che in quelle fabbrica la sicurezza manca totalmente. Si è chiesto, il Ministro, quanta polvere di amianto hanno respirato i lavoratori e i cittadini, durante cosiddetta “tempesta senza precedenti”? Lo sa, il Ministro, che in quella fabbrica ci sono impianti tutt’ora in marcia pieni di amianto che non possono essere bonificati se non si fermano? E questa cosa non la dice il Comitato, ma lo ha affermato Mittal nel Piano Organico di Rimozione dell’Amianto (PORA) depositato qualche settimana fa.

Un discorso a parte meritano i Sindacati che, come al solito, hanno fatto “furia francese e ritirata spagnola”, sospendendo uno sciopero proclamato ad oltranza sulla base di una misera convocazione nonostante il corpo del lavoratore morto non sia stato recuperato.

Ci chiediamo dove sia finita la dignità dei sindacati e del ministro. Come si può dire ad un lavoratore di rientrare in fabbrica nonostante la completa assenza di sicurezza solo per evitare che la fabbrica si fermi in maniera irreversibile?

Non si permettano Ministro e Sindacati ad addossare la responsabilità di quanto accaduto alle avverse condizioni meteo o alla fatalità: noi sappiamo bene chi è STATO e questa morte peserà come un macigno sulle loro coscienze, sempre che ne abbiano una. >>

L firme sindacali che parteciperanno al tavolo chiederanno chel’azienda presenti un piano di investimenti chiaro e certo, sia nelle risorse che nei tempi di realizzazione, per quanto concerne la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti. Sarà inoltre chiesto un tavolo tecnico permanente che possa monitorare costantemente la realizzazione dei lavori. Oggi è stato ricordato a sostegno dell’urgenza dei lavori di manutenzione sugli impianti,  come l’ex commissario Bondi nel 2013 nel suo piano industriale aveva previsto una spesa di 620 milioni di euro per i lavori di manutenzione degli impianti. I sindacati chiederanno anche che la Regione Puglia s’impegni ad implementare l’organico dello Spesal, magari creando un gruppo di tecnici ad hoc che possa essere utilizzato per controllare l’evoluzione degli interventi che si andranno a concertare con l’azienda.

L’UGL non rinuncia allo sciopero. “L’Ugl Metalmeccanici – dichiara il segretario generale Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera all’AdnKronos – non revoca lo sciopero indetto a partire da ieri sera alle 23 e si accinge ora a partecipare all’incontro indetto dal Prefetto di Taranto”. Spera, poi, spiega che «pur apprezzando la convocazione dei sindacati da parte del ministro Luigi Di Maio presso il Mise, riteniamo che al momento non siano presenti elementi nuovi rispetto al motivo dello sciopero indetto ovvero l’incidente sul lavoro verificatosi al quarto sporgente del porto commerciale in concessione all’impianto siderurgico Arcelor Mittal ex Ilva di Taranto, avvenuto mercoledì sera”. “Vogliamo capire – conclude Spera – la dinamica del gravissimo incidente, siamo preoccupati per i livelli di sicurezza con i quali si opera nello stabilimento e infine, ma non ultimo, ancora non è stato ritrovato l’operaio disperso e molto probabilmente dovremo piangere un’altra, inaccettabile, morte sul lavoro”.

Di tutt’altra veduta l’Usb di Taranto che oggi ha mandato comunicazione ufficiale al MiSE di aver formalmente revocato la propria firma dall’accordo sindacale dello scorso 6 settembre. A detta del sindacato di base, Arcelor Mittal sarebbe venuta meno agli impegni sottoscritti in sede ministeriale, sia per quanto concerne la gestione degli impianti del sito di Taranto, sia per quanto riguarda la decisione di collocare 1395 lavoratori in cassa integrazione ordinaria per tredici settimane a partire dallo scorso 1 luglio. Il cambio di rotta dell’Usb appare radicale e senza ripensamenti: il siderurgico di Taranto va chiuso perché non garantirebbe gli standard minimi di sicurezza e, soprattutto, per il sindacato di base la multinazionale avrebbe già deciso di lasciare gli impianti di Taranto al suo destino. Per questo per l’Usb, che proseguirà con lo sciopero indetto mercoledì sino a lunedì, “è giunto il momento di pensare e dare concretezza ad una riconversione economica del territorio tarantino, che non guardi più alla presenza obbligata del siderurgico”.